VEDERE OLTRE – La spiritualità dinanzi al morire: dal corpo malato alla salvezza – Deborah Coron, Alessia Zielo
A cura di Deborah Coron e Alessia Zielo Prefazione di Ines Testoni
Rupe Mutevole Edizioni, Parma, settembre 2014
Nell’ambito del Congresso Internazionale: Seeing beyond in facing death – Vedere oltre. La spiritualità dinanzi al morire: dal corpo malato alla salvezza, che si è tenuto a Padova dal 25 al 28 settembre 2014, organizzato dal Master Death Studies & The End of Life diretto dalla prof.ssa Ines Testoni, è stato organizzato anche un Premio Letterario e Fotografico Internazionale sullo stesso argomento in collaborazione con il Circolo IPLAC. La cerimonia di premiazione si è svolta lo scorso 27 settembre presso il Palazzo della Gran Guardia in piazza dei Signori a Padova (in teleconferenza per il pubblico presso il Centro Universitario Zabarella), condotta da Alessia Zielo e Deborah Coron, che si sono occupate dell’organizzazione dell’intero concorso.
La raccolta antologica contiene le 14 poesie e i 14 racconti finalisti con prefazione di Ines Testoni, introduzioni critiche di Deborah Coron e postfazione di Alessia Zielo.
Il Premio ha messo in luce alcuni degli autori che hanno saputo sollevare interrogativi antichi e irrisolti sul significato dell’esistenza e dell’aldilà, offrendo le proprie personali interpretazioni, opposizioni e visioni, che assumono spesso valore universale e ponendosi come spettatori, ma anche attori di un necessario recupero dell’idea della morte come parte integrante della vita, indispensabile a dar valore alla vita stessa. Da sempre l’Uomo avverte paura e angoscia nei confronti dell’imprevedibilità e dell’ineluttabilità della morte, cercando interpretazioni ed elaborazioni al senso di sofferenza ed escogita sistemi per sfuggire alla minaccia della propria fine e alla disgregazione del gruppo sociale di appartenenza. La difficoltà di affrontare questi sentimenti si intreccia strettamente con il vissuto, sia individuale che collettivo, e ricorre costantemente nel complesso sistema di immagini che contribuisce a rappresentare l’idea della morte e del morire nel mondo occidentale. Specchio dell’evoluzione e trasformazione di questo immaginario sono l’Arte e la Letteratura di ogni tempo, che registrano ogni processo, e in particolare quello della dissacrazione della morte, che favorisce l’affermazione degli aspetti biologici della vita e della sua fine. La deriva è avvenuta attraverso il confronto con il pensiero illuminista e la filosofia positivista che hanno imposto argomenti più razionali a fronte dei cambiamenti che accompagnano l’invecchiamento, la malattia e le alterazioni irreversibili della materia vivente, per approdare a un sistema speculativo, iconografico e mediale nel quale compaiono forme di rappresentazione caratterizzate dall’iperrealismo, considerate più rassicuranti, ma che non riescono a colmare, in definitiva, quell’inquietante vuoto di riferimenti religiosi e umanistico-filosofici che caratterizzano il mondo contemporaneo arrivato alla rimozione della morte stessa dalla vita quotidiana.
La prof.ssa Ines Testoni ha tracciato il percorso e i risultati “di un lungo lavoro di ricerca, valutazione e scandaglio relativo alle forme con cui la poetica che innerva la vita quotidiana delle persone dà forma all’incontro con la morte. Gli studi sulla paura della morte e la sua gestione stanno guadagnando negli ultimi anni un sempre maggiore interesse, rispondendo allo sforzo di superare la drammatica carenza che ha caratterizzato la cultura della seconda metà del Novecento, ovvero la sua tendenza a censurare e isolare qualsiasi manifestazione ed elaborazione autentica del morire. Questo nuovo corso sembra orientato a offrire un’alternativa all’incapacità di affrontare la ricerca di senso intorno alla finitudine umana e alle sue manifestazioni. La scommessa dell’intera operazione, che sia il congresso sia il premio di poesia, narrativa e fotografia hanno messo in campo, consiste nello sviluppare il dialogo tra posizioni che storicamente sembrano inconciliabili, come pure tra epistemologie irriducibili – come quelle scientifiche e quella che sottende il linguaggio letterario –, per capire in che cosa consistono gli elementi che determinano l’impossibilità di riferirsi a un orizzonte simbolico tanto universale quanto differenziato, eppure capace di non rinunciare all’intendersi. Poiché l’uomo abita prima che gli spazi e le cose, la parola, dalla diagnosi delle forme di dissipazione (che l’indicazione severiniana permette di fare) con cui l’oscurità dell’autoinganno contamina le rappresentazioni della morte -così come essa è sempre stata intesa in tutte le latitudini e in ogni cultura– può infatti nascere una nuova coscienza che definisco da tempo come “redenzione del linguaggio” e da cui è possibile derivare un autentico rinascimento dell’abitare il mondo. È proprio a partire da qui che la riflessione sulla morte, nella misura in cui è vero che su di essa si sviluppa fin dalle origini ogni cultura, si annuncia come rifondazione della storia che ispira il ripensamento di tutte le categorie su cui si organizzano le relazioni umane. Se dunque l’uomo soffre per quel che crede di essere e il credersi mortale è la convinzione fondamentale che caratterizza la sua coscienza, discutere le rappresentazioni di questa convinzione è certamente una opportunità preziosa di innovazione che seguendo questa traiettoria il Congresso Seeing beyond ha offerto e che il Premio Letterario ha testimoniato”.