La Ballata del Viandante
Al cor de’i boschi oscuri or si smarriva
co’i passi lenti e torvi e in negro manto
un viandante e in sciagura e in tristo pianto,
e in sulla Notte andava a’ fieri clivi,
e tra gli orni scorgea gli arcani bivi,
e un’erta e afosa e fredda ne saliva.
Le pelli vestiva d’un lupo crudele,
in mano ‘l bastone che stava in tremore,
nell’ugola un senso, un tormento di fiele,
nel volto smarrito s’ergeva ‘l terrore.
La fioca Luna e cupa in tra le fronde
a stenti ne mirava, e l’orbo cielo
colle tenebre fitte e assai iraconde
funereo ancor gli parve e crudo velo,
e i sentieri in mister ne presagiva,
e i sterpi calpestava e i rovi alpini,
e i canti atroci intese e de’i ferini
augel, de’i lupi infami in su’ una riva.
Così ei vagava in sonno, e n’assaliva
un ermo ignoto e bieco in sur d’un monte,
e quivi ne trovava un fresco fonte,
e in mano l’acqua presa, or ne beveva
e ‘l mento e i polsi stanchi si tergeva,
e lentamente e indarno s’assopiva.
Un misero fuvvi che andava vêr Roma,
sull’Alpe conteso da fiero Destino,
al vento gemente, furiosa la chioma,
al cielo chiedendo del pane, del vino.
Allor al suol si stese, e attese un’ora,
e le stelle ammirava e l’alte vette,
e in questa Notte trista, e cupa e mora
tra’i bianchi nembi vide or le saëtte,
e poscia al ciel s’alzava, e proseguiva
l’errar nel fosco ignoto, e si lagnava
e all’ime valli scese, e mentre urlava
nel cor, nell’alma altera ne soffriva.
Infatti in questi passi si languiva,
e di fatica cadde, e morto giacque,
e presso un rivo v’era e colmo d’acque,
e in ciel perfin la Luna ne scomparve,
la Notte fu una danza d’empie larve,
e la nottola cieca ‘l compativa.
Costui ne cercava un divino perdono
per folli peccati d’Amore e di Sorte,
e Iddio dalle sfere, vestendo di tòno,
graziare lo volle, colpendolo a Morte.
Quest’è la ballata d’un mesto viandante,
nel bosco si giace, defunto e lagnante!