LA VITA E LA VELA – Gianlivio Fasciano
Gianlivio Fasciano
Kairos edizioni
Ho terminato il romanzo di Gianlivio Fasciano “La vite e la vela” - Edizioni Kairos – e l’ho trovato coinvolgente, innovativo, originale, nuovo. Lo stile, velocissimo, centrifugato, è un susseguirsi di periodi intagliati con l’accetta delle similitudini, delle metafore e, pur non potendo negare le tracce di lirismo, ci si trova di fronte a una scrittura che picchia, lascia il segno, scarnifica la sintassi a favore dell’intensità espressiva. Il ritmo strizzato non impedisce di seguire la storia, di carpirne l’ampio respiro storico – si tratta di uno spaccato dell’Italia che pensa di reagire ai soprusi del potere governativo tramite la lotta armata- . Linda è l’anima del romanzo. La donna sopra le righe, sotto i luoghi comuni, sopra ogni prevedibilità, sotto la logica… sempre dannatamente convincente. I suoi improvvisi monologhi sono paragonabili a brevi atti teatrali . E’ creatura che sembra saltata fuori da un romanzo di Italo Calvino. Ma non cammina sul registro umoristico. E’ un’idealista, che disegna i sogni su misura per le circostanze. Gli uomini che le ruotano attorno, pur ben caratterizzati dall’Autore, restano figure incapaci di prendere lo slancio. Restano sul fondale. Apparentemente rivestono ruoli di fidanzati, amici, datori di lavoro, “aratri”,come Silvan, ma l’unico vero solco dell’intera storia lo traccia lei.
Linda è intraprendente, succhia la linfa dell’esistenza, ne aspira le fragranze, insieme alle boccate delle sue Lady, ne tocca la sostanza. rappresenta la ‘donna selvaggia e araba’, il vero, splendido Masaniello del romanzo. E Gianlivio Fasciani, alla prima esperienza letteraria, non ha esitato a lanciarsi in un’avventura simile ai dedali dei vicoli Spagnoli, nei quali i lettori devono mostrarsi svegli per tenere il passo. Il passo di una soria che si snoda tra Napoli e Trieste in una rete fitta di eventi, di incontri, di persone. L’Autore alterna periodi brevi e incantevoli: “Lei si scusò. Lui si scusò. Loro si scusano”… con monologhi surreali e di strepitosa efficacia emozionale. Inoltre, nel concepire il suo romanzo sa indossare l’habitus di una donna e di una donna vulcanica, come la sua terra. Notevole, pur se rischiosa, la scelta dll’Autore di lasciare molti termini in dialetto partenopeo, senza traduzione. Napoli diviene un dipinto in molti scorci del romanzo. Cito il discorso di Linda a pagina 53: ” Quando coglierai l’ironia dei napoletani comprenderai quanto sia vicina Londra a Palermo. Troverai il sapore del the in un sorriso, le spezie del medio oriente nei fianchi di una donna, la felicità in un occhio profondo che zampilla come una vongola verace e ti spiega un cartello: sto qua, sono viva e impertinente”. E per dare la scena a “Bella Napoli”, come viene battezzata dai coinquilini triestini la donna, Gianlivio non esita a sacrificare il sesso maschile, mettendone in rilievo le carenze. Evidenzia quanto le strutture cerebrali femminili siano più complesse, mentre gli uomini tendano a essere essenziali, privi di cambi improvvisi di rotta. Lineari e spesso infantili. E gli uomini del testo di carenze ne rivelano molte. Mino, pur innamorato della donna,ha tratti quasi infantili. La vite del titolo, è senz’altro riferita alla sua incapacità di entrare in un negozio di ferramenta e trovare la vite senza testa da quattro… La ‘scatola’ in cui è relegato il buon Mino è simile a quelle nelle quali si lasciano vivere gli altri personaggi: Ernesto, ignavo datore di lavoro, Giustino, Segretario del Partito, senza spina dorsale, Silvan, eterno indeciso. E Linda non si adatta a una vita che riserva scatole, che nascondono altre scatole, come nel gioco delle bambole cinesi… Il romanzo sa sorprendere grazie a improvvise virate e a effetti a sorpresa. L’Autore resta sempre al timone della ‘vela’, che prende il largo dal mare triestino e che ha il volto , la forza, l’entusiasmo e la voglia di sognare di Linda. Maria Rizzi