Il fervore del pungitopo
Da una terza rilettura del mio giardino d’Avvento.
Ascolta il mio giardino d’Avvento
non respiri di viva linfa
non profumo-voce di fiori.
L’elleboro l’azalea alla Nascita
allora splendenti di candide corolle
straniti ora spenti di sogni-boccioli
da mortale cosmica disarmonia.
Eppure nel segreto d’antico verde
– intrico di felci paterne vigne ed altro –
da dodici lune inesausto mio pungitopo brilli
di lucenti bacche, miriadi, fra foglie-sillabe sgraziate.
Prodigio al cuore, stupore a mente stagioni.
Quel tuo fervore impercepito percorre
il Creato intero, il nostro fragile vivere
fra gli aghi del soffrire
alito-ispiratore di vita nuova
fuoco-vestale di magica Attesa
e in te è già dono di rosse bacche
presenza divina praesentita
dalla tua anima vegetale
all’uomo annunciata quale canto colore
fiducia in un’eterna rinascita.
E tu Bambino in povertà di grotta rinasci
nell’incanto infinito di millenni
offerta di Luce-speranza Sempre
di tenerezza infante con celestiale aureola
d’umile innocenza a Creato e creature.
Al miracolo dell’armonia da Te rinata
s’aprono albe di petali immacolati
fra stellate di bacche rosse
palpitano s’inverano sogni
d’azalee ed elleboro
di pastori piccini e universe genti
tuttinsieme stretti nelle aiuole del tuo Amore.