All’ombra degli dèi
Il viale, delimitato da statue di marmo di divinità pagane e da cipressi secolari, allungava il tragitto fino alla facciata di una casa colonica, ristrutturata in stile toscano. Il sole si abbassava tra i filari. Era un settembre avanzato a spennellare di rosso la casa, i gelsi e gli ulivi, che gli uccelli, disertando i campi, affollavano con assordanti cinguettii.
Luisa era arrivata. Di solito giungeva il sabato con i genitori, per trascorrervi il week end ed ammirare, incantata, quei tramonti che spennellavano i poderi. Si inoltrò nello stradone, che portava diritto alla vigna, e si sedette su una terrazza a strapiombo sulla campagna. Un passo di uccelli annullava le ali nel lontano orizzonte e vicino le pigne di trebbiano svariavano in rosso al solatio.
Il podere di Luisa era poco distante da quello di Marco; si chiamavano dal confine e insieme trascorrevano interi pomeriggi, inventando sempre nuovi percorsi. Il padre di lei era medico, quello del ragazzo ingegnere, a capo di una ditta di materiali edili. Abitualmente la famiglia di Luisa arrivava nel primo pomeriggio e quella di Marco poco dopo.
Quel pomeriggio Marco portò dalla città la bici nuova e corse subito dall’amica, per proporle una gita sullo stradone che attraversava i poderi. Ai bordi dei cigli risaltavano i colori dei papaveri, delle ginestre, mentre i profumi della menta e del rosmarino accompagnavano il ronzio delle api.
Intorno a loro si apriva un’immensa veduta ondoleggiante, disseminata di casolari, che si ergevano sui cucuzzoli. Si fermarono sotto il fresco intenso di una quercia secolare. Svolazzavano sulla sua chioma gli uccellini più svariati: raperini, verdoni, fringuelli, cardellini; ma la loro attenzione fu attratta da un batuffolo di fogliame, incastrato nella forcella di un pero. Posero le bici a terra e saltarono la fossa. Si accostarono e subito sobbalzarono per l’improvviso fruscio di un uccello che volò dal fogliame. Era un nido, un nido di fringuelli. La madre era fuggita all’avvicinarsi degli intrusi, ma continuava a salterellare da un ramo all’altro. Quattro beccucci spalancati si sporgevano in attesa della razione giornaliera e i due giovani si erano riproposti di tornare, quando possibile, a seguire la crescita dei loro fringuelli.
La strada di campagna si inoltrava, ora, nel bosco; ma era tardi per proseguire: “Verremo un’altra sera ad esplorare il boschetto e a fare funghi; proprio in settembre crescono in abbondanza. Io li conosco bene.” Disse Luisa.
Il sole per una buona metà era sotto l’orizzonte e l’altra, scoperta, diffondeva un calore arrossato e inoffensivo per tutta la campagna, ancora animata da contadini, che attaccavano ormai le bestie, per ritornare in fattoria.
Il sabato successivo Luisa e Marco ripresero a viaggiare con le bici per i viottoli. Passarono dal pero che teneva il loro segreto; si arrampicarono fino alla forcella e Luisa, quando per prima posò gli occhi tra le pagliuzze, esclamò con sorpresa che era vuoto. Lasciarono le bici e si inoltrarono nel bosco, che sembrava contenesse chi sa quali segreti. La strada era pennellata di marrone e le fronde degli alberi grondavano parte della loro vita con ritmo lento e cadenzato, quasi a segnare il tempo che passa inesorabile. Il profumo del fungo si mischiava a quello della ragia di pino e dava il senso di un ambiente diverso da quello in cui si trovavano. Le cicale continuavano a frinire e non di rado un merlo s’involava dal fogliame, facendo sobbalzare Luisa, che si era addentrata più per dimostrare il suo coraggio che per il vero desiderio di farlo. Il profumo del porcino la faceva da padrone. Scansarono qualche foglia con garbo e, cosa meravigliosa, apparve una nidiata di funghi che, come scoperta, li fece sentire fieri e nello stesso tempo grandi. Sì, perché, da tanto tempo sentivano parlare di questi porcini e delle difficoltà nel reperirli, anche da parte dei contadini. I loro genitori, abitualmente, consumavano le giornate dintorno alla casa e quasi mai si erano avventurati, anche perché sapevano delle vipere che infestavano i boschi.
Li raccolsero uno ad uno, li misero nella sacca che si erano portata dietro e avevano lasciato i mignolini, nella speranza di ritornare e di ritrovarli cresciuti. Prima di uscire dal bosco, Luisa colse una pianticella di ginestra, perché voleva interrarla nel suo giardino; diceva sempre che i fiori della ginestra erano il simbolo di quei meravigliosi colli.
Quando giunsero a casa, si presero una bella rimproverata, soprattutto Luisa; il padre si riscaldò, perché sapeva del pericolo e sapeva anche che per andare a cogliere funghi era necessaria una attrezzatura particolare. Ma poi, di fronte a quei meravigliosi frutti, appassionato di campagna quale era, non poté che estasiarsi nell’ammirarne il colore e nel respirarne l’aroma.
Una mattina era tutto un via vai di canestri, bigonce e recipienti dalla corte ai filari. Un amico di famiglia si era rinchiuso in cantina ed armeggiava tra tini e barili, mentre la madre preparava panieri e forbici per tutti. Per i filari si diffondeva un acre e dolce aroma d’uva tritata tra gli schiocchi secchi dei tagli delle forbici. Marco e Luisa si erano posti di fronte, raccoglievano le pigne, mordendo di tanto in tanto il grappolo della dorace e si guardavano con simpatia, raccontandosi fatterelli e arguzie sulle passate vendemmie. Poi Luisa lasciò per andare ad aiutare la madre e mentre stavano preparando il pranzo, squillò il telefono: il dottore aveva avuto un incidente mortale, si era sfrontato con un camion, mentre stava raggiungendo la casa in campagna. Trascorsero giorni difficili, il dolore fu enorme e col dolore le grandi difficoltà economiche. La madre non era abituata a lavorare, ma dovette impegnarsi alla ricerca di una attività. La cosa si presentò molto complicata e fu così che suo cognato, che viveva in un’altra città, le propose di trasferirsi: avrebbe così occupato un posto dignitoso nel suo studio.
I giorni passavano sempre più melanconici, le due donne dovevano lasciare la loro città; Luisa le amicizie e soprattutto quella di Marco, verso il quale aveva iniziato a provare un sentimento nuovo, qualcosa di diverso che fino ad allora non aveva mai provato. Se ne era accorta durante le settimane di studio, lontana dalla casa colonica. Ogni tanto interrompeva le sue letture e, ad occhi aperti, lo vedeva coi suoi begli occhi neri, magro, in pantaloncini, scorazzare al suo fianco per le stradette dei campi macchiati dai colori delle ginestre, dei corbezzoli e dei tassi. Le veniva da chiamarlo. Desiderava raccontargli le sensazioni che provava per la varietà dei profumi sempre freschi alle sue narici.
Un giorno la madre si avvicinò a Luisa e le parlò francamente: ”Vedi, tu capirai che noi non possiamo più permetterci di mantenere una casa in campagna di tali proporzioni; le spese sono enormi e poi, senza tuo padre, i ricordi che riaffiorano sono troppi e sento che mi fanno veramente male. Sono andata a fare una visita, ieri; c’era anche Marco, che mi ha aiutato a sistemare un po’ il cortile; ma è triste notare l’abbandono che è diffuso ovunque. Insomma da un po’ l’avevo data in mano ad un’agenzia e stamani sono venuti i nuovi acquirenti. Hanno già veduto il posto, gli piace e c’è già l’accordo sul prezzo.”
Luisa cominciò a piangere a dirotto, abbracciò forte la madre e, da donna matura quale si dimostrò, disse:”Non te la prendere, quando le cose si saranno sistemate, non è detto che non ci potremo ricomprare la casa in campagna, anche più piccola, adatta a noi, basta che sia immersa negli stessi colori e negli stessi profumi. Quello che conta è che ti amo, mamma.”
Il viale della casa, ora, era interamente coperto di foglie. Ma gli dei di pietra sono eterni. Ed eterne le statue, nel loro colore di marmo opaco, continuavano a guardare indifferenti, ai loro piedi, i mucchi di fogliame che il vento di tramontana spazzava via, per la piana ondulata oltre i cipressi.
Il figlio dei nuovi proprietari, che stava ammirando le statue con una certa curiosità, esclamò: “Mamma, guarda! Sul braccio di questa statua ci sono incise due lettere: M. L. Che cosa significano?” “Non lo so. Saranno le iniziali di due nomi. Fai attenzione a non sporcarti.” Rispose la madre, mentre osservava in lontananza il cielo che stava morendo.