Il filo spezzato
Perché mi lasci, o padre, nel fiore dei miei anni, da solo,
col fragile mio stelo ancora acerbo e i miei precoci affanni
sul viale accidentato della vita e le mie notti insonni?
E muovi i lenti passi nel tramonto, per quel confine estremo
che rapido ti abbraccia, volgendo le tue spalle al pianto,
al solco di dolore impresso sopra il volto dei tuoi cari,
tu rassegnato padre, tu nobile soldato ferito dalla vita
e pronto al sacrificio sui lacrimati altari.
avrei legato in te le mie nude radici, pur debole germoglio
avrei stillato linfa daltuo tronco e già maestosa pianta
avrei innalzato la mia chioma per regalarti un giorno
un angolo di quiete. Hai spento la lucerna dei tuoi giorni
prostrati sopra i graffi della vita, hai chiuso dentro il tuo cuore
la ferita che amara consumava le tue ossa, hai pianto
nel silenzio della sera cullando i tuoi ricordi di bambino,
hai urlato al tuo destino, con voce soffocata dentro il petto.
Non stringe la tua mano più la mia, né le tue forti braccia
proteggono il mio volo, io fragile aquilone in mezzo al cielo,
io rondine sperduta nel tramonto…
È un filo che si spezza sul cammino svuotando la mia anima
silente e nei profondi abissi della mente naufragi
di speranze trapassate tra oceani di lacrime e rimpianti.
Tu che adesso segui la tua via vagando per i pascoli
del vento deponi tra le orme dei tuoi passi il filo lacerato
delle Parche e attendi nel riposo del guerriero il figlio
che verrà per rivederti, il figlio che ora lasci a lacrimare
su un freddo muro d’ombre e di deserti…