La mia pianta/Il mio albero, 3° Premio, Sez B – 2013
3° Premio – Poesia in Vernacolo
a Franco Revello (Nichelino -TO)
Motivazione
Nella screpolata corteccia di un albero, suo fedele compagno di vita, l’autore rivede, rivivendole, le sue esperienze giovanili, le sue esitazioni, le sue incertezze. Quell’albero che, con le foglie rivolte verso l’alto come palmi di mani, sembra pregare, sta a significare le stesse preghiere del poeta, il quale, appoggiato al suo fusto, può ascoltare il sibilo del vento e nel contempo sognare. Poesia di stampo esistenziale, ma anche d’impronta ecologica e sociale, come si può vedere negli ultimi versi in cui si esprime il timore del “falso luccichio di moneta”, pronta a pagare il legno a chi, con “ghigno beffardo”, taglierà quella pianta. Poesia che, densa com’è di pensieri e di metafore, appare molto curata nel linguaggio, e che, nel verso libero, scorre fluida e musicale: segno di un autore molto dotato sotto il profilo linguistico ed espressivo, e ciò gli consente di scrivere una lirica permeata da un mondo d’affetti sincero e incontaminato.
Premi
- un piatto in vetro e argento dipinto dal Maestro Michele Nicolè,
- un libro d’Arte offerto dal F.A.I – Delegazione di Padova).
La mia pianta
La mia pianta a l’ha i ram ёd vlù andoa pontajé le gucie dei mèi pensé aùss che atraverso ёl dì e a foro la seira.
A viuv libera ant ёl quader dla mia fnestra preferija mojà ant la natura e quandi la vardo a vibra sbasanda ij branch al vent .
A soma conossuse dosman con ёl travaij anfilà ёd j’ani ёncaminà quandi i j’ ero giovo arbut e ogni cosa a nё sovrastava.
Adess la soa pleuja a nascond le esitassion e le incertёsse e a tёmme pì nen la ponta dёl cotel ch’ala marca d’ inissiaj sconossùe.
La mia pianta a l’ha foije coma palm ёd le man voltà vers l’aut: a so mod a prega e a rigrassia mare tera che a ten le soe radiss.
An chila mi i mi specio e i m’arconosso quandi che i sfioro la soa pel grotolùa o i pisto le soe estremità teren-e cercanda ёd vardè pì ёn là dla soa ocasionala esterna fioridura.
Pogià al so fust i scoto al subiè dёl vent che compagna ёl moviment flessos ёd la ponta sima estrema ciuca ёd sol indes teis vers ёl piorè ёd la pieuva.
Con chila mi i parlo ёd soegn, i descrivo tere che a podrà mai vёdde e i j’afido le letere consomà che a laserà caschè giù spatarà an sёl teren come feuje anvёrtojà dal temp.
Peul esse ca sopraviva al mè esiste tajandse la caviera cambianda color diverse volte prima ёd vestise d’otogn e aspetanda col temp i starai desvij
ёn mod ch’a tema nen l’assul né ёl ghign befard ёd col ch’a l’avrà ant le man ma mac ёl fauss brilè dla moneda che pronta a pagherà ёl so bosch.
|
Il mio albero
Il mio albero ha rami di velluto su cui appuntare gli spilli dei miei pensieri aguzzi che attraversano il giorno e pungono la sera.
Vive libero nel riquadro della mia finestra preferita immerso nella natura e quando lo osservo vibra chinando le fronde al vento.
Ci siamo conosciuti lentamente con il lavoro inanellato di anni iniziato quando eravamo entrambi giovani arbusti e ogni cosa ci sovrastava.
Ora la sua corteccia nasconde le esitazioni e le incertezze e più non teme la punta del coltello che la incide di iniziali sconosciute.
Il mio albero ha foglie come palmi di mani rivolte verso l’alto: a modo suo prega e ringrazia madre terra che accoglie le sue radici.
In lui mi ci specchio e mi ci riconosco quando sfioro la sua pelle rugosa o calpesto le sue estremità terrene cercando di guardare oltre la sua occasionale esterna fioritura.
Appoggiato al suo fusto ascolto il sibilo del vento che accompagna il movimento flessuoso della cima: guglia estrema ubriacata di sole, indice teso verso il pianto di pioggia.
Con lui parlo di sogni descrivo terre che non potrà mai vedere e gli affido lettere consunte che lascerà cadere al suolo sparse come foglie accartocciate dal tempo.
Sopravvivrà forse al mio esistere sfoltendo la chioma mutando colore molte volte prima di vestirsi d’autunno e in attesa di quel tempo veglierò
affinché non debba temere l’accetta né il ghigno beffardo di chi la impugnerà ma solo il falso luccichio della moneta che pronta pagherà il suo legno.
|
11_La mia pianta_it