Mani cantastorie
Lascia che le mie mani ti parlino
senza voce dopo quest’ora scossa;
spogliati e ascolta: la tua pelle
ha atteso già a lungo memoria di me.
Non ho ereditato carezze
solo mani cantastorie instancabili
per inventare un alfabeto di tocchi
e svelarti occhi di bimbi sul viso;
mormorano le paure, gli urti
lungo la gola e sulla nuca.
Concorrono i lemmi tra le dita
che raccolgo sulla curva delle spalle
nel racconto dell’età felice: piantavo
ossi di pesca, ciliegia e melagrana;
canto lenti labirinti di petali profondi
frutti rossi, dolci, carnali…
Sostano le palme sul petto
a sanare strappi d’ali
e la schiena è diario aperto
di quotidiane rese e resistenze.
Traccio sul ventre le antiche fiabe
della prima neve: mappe del tesoro
e sentieri di molliche sui fianchi
per il ballo del re sulla rocca
e solletico i piedi di scherzi e giochi!
Poi indietro, per tutto il corpo gridano
le unghie e i polsi, solchi di terre arate
e gloria di Scirocco africano!
E ti narro ancora di me, azzurra
per farti mare e poi cielo. E pace.