Si aggiungono Voci: Poesie

Dal libro di Sandro Angelucci
SI AGGIUNGONO VOCI

Parte prima: ICARO

Abiezione

Abbrutiti. Schizofrenici. Impazienti.
Ma l’uccello non finisce di cantare,
il vento
prende a respirare con le foglie
e le montagne
(immobili, sicure)
aspettano l’arrivo della luce.
Era già alto il Sole
e intorno
ancora s’ascoltava la preghiera.
Noi,
soltanto noi
(distratti, inebetiti)
a spargere catrame, a bestemmiare.

 

Saranno i voli

Sono i nidi delle rondini.
Sono le traiettorie
senza nessuna logica apparente
la speranza.
E non la linea retta
che si perde
nella sua stessa, vuota inesistenza.
Non è la strada comoda e sicura
che percorre
chi non conosce cosa voglia dire
picchiare, risalire
e poi planare.
E poi picchiare ancora,
ancora risalire, fino a sera
finché c’è fede
e amore e forza nelle ali.
Saranno i voli
che portano gli insetti dentro i nidi
a dare l’appetito
a chi, da noi,
si aspetta in dote il dono del futuro.

 

Icaro

Proprio tue erano le ali
che mai permetteranno di volare.
Sulle spalle, invece,
deve gravare il peso di una croce
che non è zavorra
ma polvere di cielo che si sfalda
ed incessante, da secoli,
cade sulla terra.
Proprio quello l’errore: la superbia.
Mentre pioveva amore
non accorgersi
che stavi camminando sulla stella
che più desideravi,
e tu, in volo, a cercarla chissà dove,
in quali mondi,
in quali paradisi inesistenti.
No, io non ti condanno.
Come potrei? A cosa servirebbe?
Ripetere l’errore
per consumare ancora altro sangue
per giungere ad odiarmi.
Meglio ammettere,
una volta per tutte,
che ho le ali, che sono un demone:
solo così posso sentirmi un angelo.

 

Merlo infinito

Le bacche che pilucchi
merlo infinito
sono le parole che non so ridire,
piccolissimi grani di un rosario
che solo tu conosci.
Mentre ti guardo, mangi.
Mentre tu preghi, ascolto
becco giallo.
Ma dove voli, dove ti rifugi
quante ali possiedi
quanto sei grande?
È questo che mi sfugge.
E non perché non parli.
La vita che tu vivi non inganna.
Quella che vivo io m’insospettisce.
E non perché non taccia.
Se fossero di piombo le tue bacche,
se al posto del becco
avessi una mitraglia
t’inviterei a spararmi addosso
perché nella mia carne
con il tuo cibo
penetri il volo, la libertà,
l’immensità di un merlo.

 

Da terra verso i rami

In volo.
Tutti insieme.
Da terra verso i rami.
E l’albero
torna con le foglie.
Come se non le avesse
mai perdute.
Come se ancora fosse
primavera.

 

Parte Seconda: IL GRANDE RESPIRO

Il grande respiro

L’inchino dell’erba piegata dal vento:
preghiera e bestemmia.
Parola che sento diversa,
più vera del suo stesso silenzio.
Rimango.
Mi stringo al suo soffio
ma nulla trattiene l’abbraccio.
Non posso legarmi alla fuga
del Grande Respiro,
non posso.
Mi è dato soltanto (soltanto ma è tutto)
d’unirmi al peccato e alla gloria,
genuflesso
di fronte al mistero
e in piedi
di spalle all’altare del vento
per non rinnegarlo
mentre bestemmio.

 

Salto d’acqua

Solo ieri
erano gialle, erano alte
le corolle delle dalie.
Oggi però
somigliano alla sabbia dei deserti,
sono terra bruciata
sono spente. Effimero,
e tu lo chiami effimero
questo rapido succedersi del tempo.
Eppure
così lento non è stato mai
se nel volgere di un giorno
sento
tutta insieme l’eternità
uscire da se stessa
e riversarsi
come fiume in piena
nella cascata delle perplessità,
nel salto d’acqua
di cui mi bagno e non conosco altezza.

Sul fondo del bicchiere

Una goccia di miele
che cade nel latte bollente,
precipita sul fondo del bicchiere
e si dissolve.
È questo
la parola di un poeta.
Un grumo di bellezza che si scioglie
per rendere più dolce
la bevanda.
Ma la sua forza,
ciò che la distingue
più dello zucchero è quel dissolvimento
quello sparire
per regalare ancora una speranza,
quel velocissimo
battere le ali
che tiene l’ape in stallo
e il cielo in equilibrio sul creato.