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Giancarlo Siani e il suo amore per i bambini poveri di Napoli. IOD Edizioni
Giancarlo Siani e il suo amore per i bambini poveri di Napoli:
Signurì, signurì… Tra gli scolari della Napoli che non conta.
Il suo primo articolo nel giugno del 1979 fu un gesto di amore per tutti i bambini dei vicoli e dei quartieri dimenticati della città, dove migliaia di piccoli vivevano immersi in condizioni di estrema povertà e abbandono, circondati da un degrado marcato dalla violenza e dall’indifferenza.
In molte parti della città e delle periferie di Napoli, nulla è cambiato. Le radici della violenza dei minori è tutta racchiusa in queste parole autentiche.
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Angela De Cimma – Pasquale Lubrano, Signurì, signurì… Tra gli scolari della Napoli che non conta
Pasquale Lubrano in questo libro ha raccolto direttamente dalla voce di una giovane insegnante di Napoli, Angela De Cimma, episodi, stati d’animo, difficoltà e piccoli successi dei primi dieci anni di insegnamento elementare in varie scuole di Napoli e della provincia.
«In questi pochissimi anni che ho vissuto nella scuola ho incontrato una società nera di fumo e sporca di ingiustizie» scrive la giovane insegnante che fin dai primissimi giorni avvertì il disagio dei suoi ragazzi, quasi sempre ripetenti e analfabeti, conobbe l’emarginazione delle famiglia, la miseria di bambini che venivano a scuola per la fame, o distratti e stranamente svagati perché avevano fatto una colazione a base di un pezzo di pane e di un bicchiere di vino.
Ma ancora, la grande mancanza di affetto familiare, anzi il dover subire maltrattamenti, violenze non solo dai genitori ma da una società crudele che li costringe ai limiti di una emarginazione, che si trasforma in sevizie, nell’obbligare alla prostituzione bambine che, pur travolte da questa assurda violenza, soffrono tantissimo e la loro naturale innocenza e schiettezza si ribella, sfociando in atteggiamenti violenti verso tutti.
La grande scoperta di Angela è quella di fare proprie queste situazioni che i bambini sono costretti a subire e riuscire a trasformare l’amarezza, la tristezza, il dolore immenso in una fiducia verso qualcosa di non sporco.
«In me le immagini della vita raccolte nelle case, nelle strade, nei bassi della mia città. Qui la mia scuola. Non ho scelto io i miei alunni. Mi sono stati affidati, perché tirassi fuori dalle loro piccole esistenze l’uomo. Non è stato sempre facile! Questi bambini o scugnizzi erano lo specchio di un mondo balordo. La loro irrequietezza, il loro disamore! La loro rabbia e la loro lotta per vivere! Molte volte avrei gridato forte: “Basta non posso più continuare! Antonio, Mario, Titina! Perché siete diversi? Ma il tepore del sole aveva sciolto il ghiaccio che induriva e freddava il mio cuore: Dio nella mia vita”».
(IOD Edizioni)