CON IL CUORE NEGLI OCCHI – Franco Vetrano

Franco Vetrano

Dibuono Editore,  Luglio 2012

Le liriche di Franco Vetrano sono caratterizzate da uno stato di creatività artistica, da improvvise brillanti intuizioni, da quello che, più semplicemente, si potrebbe definire il “soffio divino”. L’Autore, infatti, ha scritto tutti i versi che compongono la silloge in una sorta di stato di “illuminazione”. Non le ha pensate, costruite, ma lasciate cadere sul foglio con naturalezza, quasi fossero parte integrante del suo dire. Se esiste il fervore ispirativo, credo di poter asserire, senza ombra di dubbio, che Franco lo incarna. Egli possiede il dono dell’improvvisa intuizione. “Sente” un’espressione struggente, una metafora, un ossimoro e da essi lascia scaturire, con immediatezza, le liriche brevi e intense, che fanno vibrare le corde del cuore. E, nel comporre, in stato quasi di trance, i propri versi, Franco si emoziona, si stupisce. Diviene altro rispetto a se stesso. Spettatore commosso di una storia che stenta a credere che possa appartenergli. Va detto che parliamo di un uomo inconsapevole delle sue doti. Di un Poeta che rifiuta di essere definito tale… Tra le sue opere avverto l’esigenza di citare innanzitutto “Suonano di silenzio”, una lirica di soli  sette versi, che incatena al profondo senso delle radici dell’Autore. Il cuore, pur avendo affrontato molte vicissitudini ed essendo stato costretto ad allontanarsi dal paese natìo, posa sul fascio caldo della terra che ama. “Suonano di silenzio i vicoli del mio paese. / Piangono di solitudine i muri delle case che ci han visti partire dietro un sogno”. Molte altre poesie sono affreschi di momenti catartici dell’esistenza. Basta citare: “Con il cuore negli occhi”, anch’essa di soli sette versi, che palesa la volontà di rispondere agli urti dell’esistenza andando incontro ai sogni. Altrettanto freschi, caldi di volontà di riscatto, i versi di liriche come “Miele”: “Scorron lenti sulla pelle i pensieri…”. Un bellissimo endecasillabo, a incarnare una metafora immaginifica, che rende l’idea di quanto i sentimenti del quotidiano possano divenire parti vive, palpitanti della nostra fisicità, possano confondersi con le cellule epiteliali, con i respiri, con i profumi. Cito con piacere anche “Milvus” di soli cinque versi, nella quale Franco, aviatore, descrive la parabola del volo, e novello Piccolo Principe, solca i cieli, senza perdere di vista la sua “serra”, la terra antica e ritrovata, la donna amata, gli affetti. Nel suo estro il nostro Autore non cede al fascino dell’autobiografia. Si racconta attraverso emozioni universalizzabili.  E rende la propria Poesia territorio ospitale per ogni lettore. Lo stile, pur intarsiato di metafore, di immagini a effetto, è fluido, fruibile, caratterizzato da rara musicalità e da un timbro e  un ritmo poderosi. Maria Rizzi