Maria Rosaria Selo, scrittrice napoletana e sceneggiatrice di documentari televisivi e cortometraggi, ha presentato il suo ultimo romanzo “La logica del gambero” a Roma, presso l’Enoteca Letteraria di via Quattro Fontane, nel Rione Monti.
La prestigiosa enoteca situata nelle sale del Borromini ha ospitato “La logica del gambero” e le voci importanti di altri nomi come le relatrici Giovanna Repetto, scrittrice giallista e psicologa, e la scrittrice Valeria Bellobono, mentre le letture sono state curate da Angelo Zito e Federica Sciondivasci; il tutto e’ stato presentato con maestria dalla scrittrice Maria Rizzi, membro del consiglio direttivo del circolo culturale, IPLAC, che opera in tutta l’ Italia per la promozione della cultura, una missione importante per la nostra epoca, nella quale la cultura siede quasi sempre agli ultimi posti, quasi fosse considerata “scomoda”. Il messaggio del circolo IPLAC e’ un messaggio forte ed e’ quello di diffondere la cultura in tutte le sue forme e di promuoverla con tutti i mezzi possibili.
Maria Rosaria Selo ha dipinto alla perfezione, in un quadro del tutto insolito, il suo giallo psicologico, come lei stessa lo ha definito “un vero e proprio viaggio infernale a ritroso nel tempo”.
Un giallo psicologico profondo e a tinte forti, ma allo stesso tempo delicate, per la rifinitura elegantissima della trama e dei personaggi, in una cornice armonica, complimento che le e’ stato fatto tra l’altro dal pubblico nei suoi numerosi interventi.
Si parte dal protagonista Fabio Corbara, un uomo di chiesa “con i piedi ben piantati nel presente”, che a causa della morte del fratello, torna nel suo paese di origine Monteoscuro, un piccolo borgo medievale, e si ritrova a dover quasi viaggiare nel tempo per la sparizione della sua cara amica Beatrice.
Fabio Corbara per contribuire al ritrovamento di Beatrice dovrà tornare indietro nel tempo, rivisitando i propri ricordi, con la cosiddetta “logica del gambero”, che si sposta in avanti, ma per farlo deve muoversi momentaneamente nel passato, e quindi, all’indietro.
Il paese di Monteoscuro diventa nell’immaginario dell’autrice un vero e proprio personaggio con i suoi pensieri e le sue profonde emozioni. Un altro elemento determinante e’ la nevicata che blocca il sacerdote e tutti i personaggi all’interno di Monteoscuro, come se fosse “una balena di Giona”.
Monteoscuro così costringe i personaggi a guardarsi dentro, nelle vie impervie dell’anima, in un viaggio nell’ epoca passata, per il bene della ragazza scomparsa.
Le ferite di Fabio si riapriranno nuovamente e uscirà tutta la sua rabbia , il suo dolore e il suo odio per i tempi andati, ma in una forma intrigante, che coinvolgerà tremendamente il lettore, tenendolo “quasi incollato” alle pagine del libro.
La scrittrice Repetto nella sua relazione si e’ soffermata proprio su questo aspetto: il ritorno al passato, all’arcaico, il blocco temporaneo della nevicata, che lascia tutti i personaggi senza possibilità di fuga e senza i moderni mezzi di comunicazione e li fa regredire a un tempo antico, medioevale.
La Bellobono sottolinea, poi, la capacità dell’autrice di descrivere con eleganza e profondità la capacità ammaliatrice di questa storia e di questi personaggi insoliti e disarmanti, caratterizzati da un fascino, assimilabile a quello dello sguardo delle streghe del medioevo, bistrattate dalla bigotteria e dall’ignoranza del potere patriarcale e clericale.
Il romanzo di Maria Rosaria Selo ha “ammaliato” così il pubblico entusiasta, in un’atmosfera del tutto particolare e nelle sale del Borromini in un clima quasi magico, quasi trattenuto in un fantastico limbo spazio- temporale, la musica cara all’autrice, quella del gruppo dei Genesis, che riecheggiava tra le righe della trama, si poteva quasi sentire …
Liliana Manetti
È un romanzo di forti suggestioni. L’Autrice sa dove vuole portare il lettore, e ci riesce con una tecnica quasi ipnotica.
In breve la trama. Il protagonista è un sacerdote, Fabio Corbara, che parte da Napoli insieme a un amico per andare a sistemare alcune cose nella casa del fratello che è morto da poco. La casa in cui il fratello viveva si trova in un paese di montagna, Montoscuro, ed è la stessa casa in cui passavano le vacanze ogni estate da bambini e da ragazzi. La stessa sera del loro arrivo in paese scompare una ragazza, e questo episodio ne richiama un altro molto simile avvenuto vent’anni prima. Da qui si diparte la storia.
Il nome del paese, Montoscuro, è già di per sé evocativo. Non solo si tratta di un luogo, ma bisogna subito ammettere, leggendo, che questo paese è un personaggio. E che personaggio! È un comprimario di tutta la vicenda, sempre presente, con un suo umore schivo e umbratile, con una volontà ostinata. È lui in fondo il vero Antagonista. È la forza con cui bisogna scontrarsi.
La vicenda si svolge a più livelli. È come una torta a strati, in cui è presente una stratificazione geografica, una stratificazione temporale e una stratificazione psichica. Il paese stesso è il luogo e il simbolo di queste tre stratificazioni. Tutta la storia può e deve essere letta a diversi livelli di profondità. L’aspetto temporale si manifesta nel confronto fra i dati del presente e quelli della memoria, in un continuo contrappunto. L’aspetto spaziale contrappone la superficie al sottosuolo. Ma se prendiamo in considerazione il mondo psichico, ci appare chiaro che esso è il vero teatro della vicenda, e che le altre stratificazioni, quella spaziale e quella temporale, assumono nell’intero ingranaggio del romanzo una funzione metaforica. Il passato rispetto al presente, il sottosuolo rispetto alla superficie: che cosa sono se non l’immagine dell’inconscio, che traspare in filigrana negli eventi della vita cosciente?
L’Autrice fa capire fin dall’inizio che il viaggio del protagonista sarà un viaggio per così dire dantesco, un percorso di scoperte, di passi verso la consapevolezza. È dunque subito chiaro che il mistero da affrontare non è solo quello evidente della sparizione di una ragazza, né la relazione fra questo evento e un’altra sparizione simile avvenuta vent’anni prima. C’è sicuramente altro, ed è chiaro che ci si potrà avvicinare a questo “altro” solo attraverso un processo psichico.
C’è un elemento necessario, ogni volta che si voglia proporre un percorso interiore. Quest’elemento è la “discrepanza”. Non esiste percorso se non può avere inizio da una discrepanza. Qui la discrepanza evidente è una contraddizione insita nel protagonista. Essa si annida nel suo modo di essere sacerdote: qualcosa di impalpabile, in fondo, ma che dà la sensazione di una scelta non del tutto serena, non priva di riserve. Come se un bivio della vita non fosse stato del tutto risolto. È con questa premonizione che il lettore si accosta alla storia, allertato dall’Autrice con un’abile rete di sfumature che si va intessendo fra le maglie della vicenda.
L’atmosfera, ovattata e claustrofobica, è accentuata da una nevicata che isola il paese. Non solo diventa fisicamente impossibile uscirne o ricevere rinforzi, ma in sovrappiù c’è un blackout delle comunicazioni. Non funzionano i telefoni né i cellulari. E come fa presto, l’uomo tecnologico privato dei suoi mezzi, a ripiombare in un limbo ancestrale, onirico, dove facilmente può essere preda di suggestioni e angosce! E in questo silenzio irreale c’è il rischio che anche i ricordi sepolti ritrovino voce.
In tutto il corso della storia sono onnipresenti, e strettamente intrecciati, i temi del lutto e della colpa. Si comincia dal lutto per la morte del fratello, e si rievoca il lutto antico per la prima ragazza scomparsa che ha lasciato una cicatrice nella storia del paese. E la memoria è costellata da tanti altri lutti per le persone conosciute e scomparse, vecchie e giovani. Morti per così dire fisiologiche e altre più difficili da spiegare. Sull’ordito dei lutti si tesse via via la trama delle colpe, come in un arazzo che prende forma man mano che il filo passa avanti e indietro.
Nel corso della narrazione, più il livello di superficie si presenta immobile, silenzioso, imbalsamato, più si animano e si colorano gli strati sottostanti, gli spazi del sottosuolo e della memoria, e in definitiva il mondo dell’inconscio.
Il paese, dicevo, è esso stesso un personaggio, ma in un modo sui generis. È qualcosa di vivo, ma la sua vita non è al fianco degli altri personaggi, ma intorno a loro. Esso li contiene. Sembra di dire una cosa ovvia, visto che è il luogo in cui si trovano. Ma la sensazione è un’altra. Li contiene nel suo grembo, come un grande utero, come la balena di Giona. Li contiene perché li divora, o li ha già divorati, o tenta di divorarli ancora. Così come tenta di digerire le storie per assimilarle e farle sparire, e renderle parte di sé in modo che non si possano più distinguere e giudicare. Ma che cos’è, si dirà? È davvero una creatura animata e cattiva, un mostro? Certo la storia presenta a volte suggestioni “magiche”, ma si svolge sul piano del reale. E la vita segreta e pulsante del paese di Montoscuro trova verità e senso nella sua funzione simbolica.
Giovanna Repetto